Conosco Luca Collami da due anni, e so quanto ambiva alla stella Michelin. Così, il giorno della presentazione della Guida Rossa, quando ho saputo che finalmente l’aveva ottenuta, l’ho chiamato: era veramente felice, commosso fino alle lacrime. Da Baldin, in piazza Tazzoli, a Genova Sestri Ponente, ci sono stato la prima volta per festeggiare un anniversario: ancora non lavoravo nell’ambito dell’enogastronomia, e i soldi in tasca erano pochi (ma questo, purtroppo, non è cambiato) ma avevo voglia di provare un ristorante di un certo tipo. Baldin è proprio sotto casa, e quindi è stato naturale andarci. Ci sono tornato in seguito altre tre volte, prima dell’ultima, con la quale io e Linda abbiamo festeggiato il mio compleanno. Premetto: io mi ci sono sempre trovato bene. La cucina, tra quelle provate a Genova, si innalza per le tecniche di cottura, l’attenzione ai particolari, una bella fantasia. Il locale è piacevolmente minimale. I dettagli sono curati. L’unica pecca, riscontrata in alcune occasioni (non personalmente, ma da amici) è una certa lentezza nel servizio, che so quanto faccia indispettire alcune persone.
La cucina, prevalentemente di pesce, esalta in diversi piatti il pesce povero (a proposito di questa definizione, mi viene sempre in mente la stoccata di Giovanni Rebora: “Pesce povero? Chi ha mai chiesto la dichiarazione dei redditi a una sardina?”). Particolare attenzione è data alle cotture: da quelle lunghe a bassa temperatura, fino alla tempura d’impronta orientale. Nei piatti più riusciti c’è un mirabile gioco a levare, piuttosto che ad aggiungere. Certo, il prezzo non è propriamente popolare: bisogna mettere in conto, per antipasto – primo – secondo e dolce almeno 60 euro a testa, ai quali aggiungere bevande e caffè.
All’ultimo passaggio, come antipasti, abbiamo assaggiato due ottimi piatti: il pomodoro affumicato lenticchie d’Ustica e pesce di Paranza e le capesante, crema di broccoli, pane all’acciuga e croccante al grana. Le capesante sono un pezzo forte di Baldin, e, in diverse variazioni, le troverete sempre nel menu. Il pomodoro affumicato con lenticchie e paranza è invece un piatto nuovo: particolare anche per l’affumicatura del pomodoro, ottenuta immergendo tizzoni ardenti nella passata fatta in casa, lasciati una notte a macerare, prima che il sugo così ottenuto venga filtrato e imbottigliato.
Tra i primi, notevoli gli gnocchetti di crusca cime di rapa e triglie; particolari “Il mio Capello d’Angelo, cicale e l’uovo affogato”, con il tuorlo cotto a bassa temperatura, immerso nel brodo saporoso delle cicale. Dopo il trancio di pescato, pancetta e verdura croccante, ecco i dolci: per Linda l’ottima meringata al pistacchio di Bronte, per me, la Tartare di pere, gelato al gorgonzola e saporetto, che ho abbinato ad un bicchiere di Sauternes Chateau de Levant del 2005. Come vino, bello il Vulcaia Fumè Inama 2007, sauvignon in purezza, lontano da certi parametri di questa uva.
È un locale che consiglio, che una volta all’anno, se si può, è bello permettersi. Sulla piazza genovese non ha molti confronti. Inquadrato in una luce più ampia, invece, non raggiunge alcune vette provate altrove (ma neanche i relativi prezzi che superano di slancio la soglia dei 100 euro).